#LaDietadelSorriso: Più antichità nel piatto!
Rispetto a qualche decennio fa, il crescente interesse verso un’alimentazione sana, varia ed equilibrata ha concesso ad alcuni cibi sconosciuti o dimenticati, di ricomparire nei piatti degli italiani. Anche le filosofie vegane e vegetariane hanno favorito il ritorno di alimenti dalle nobilissime proprietà e dall’utile funzione nutrizionale.
Tra i cibi dimenticati bisogna senz’altro nominare i grani antichi quali orzo, farro, kamut, segale, avena, miglio, amaranto che costituiscono un’ottima alternativa a riso e pasta, poiché ricchi di fibre e micronutrienti essenziali. Questi cereali figurano nuovamente all’interno degli impasti di pane e altri prodotti da forno (dopo che il boom della farina raffinata li aveva fatti scomparire). Farro, kamut e avena si prestano, inoltre, a conservarsi ottimamente nelle cosiddette ‘schiscette’ non più ad uso esclusivo di studenti universitari, ma anche di lavoratori con pause pranzo ‘da scrivania’.
L’avena, soprattutto in forma di crusca o fiocchi, trova spazio nelle colazioni dei più attenti alla linea, ma anche degli sportivi. L’avena infatti, oltre che a contenere β-glucano (fibra solubile con funzione ipocolesterolemizzante), è un cereale con una bassa quota di carboidrati, compensata da una buona percentuale proteica.
Ma cosa manca a un cereale, per poterci dare tutto ciò di cui davvero abbiamo bisogno? I legumi. Si, perché ciò che non possiede l’uno, lo ha l’altro. Questo perché la compresenza dei due consente di completare il profilo amminoacidico del piatto, arrivando così a fornirci tutti gli amminoacidi cosiddetti ‘essenziali’.
Ecco allora che, soprattutto con i primi freddi, sono ottimi abbinamenti come orzo e piselli, miglio e lenticchie o zuppe con un mix di cereali e legumi.
Un’ottima opera di riscoperta del legume è stata fatta ultimamente dall’industria alimentare. Se prima risultava complicato (dato il prolungato ammollo o la poca digeribilità) consumare frequentemente i legumi, negli ultimi anni questi hanno assunto altre forme, risultando più semplici e sfiziosi da preparare. Oltre che ad una più vasta gamma di legumi in scatola (come i ceci neri della Murgia, la cicerchia, la lenticchia di Altamura, la roveja), la proposta più interessante ha riguardato la pasta interamente composta da farina di legumi. Alcuni esempi sono la pasta di lenticchie rosse o gialle, di piselli, di ceci. Proponendosi così, i legumi possono essere consumati con maggiore frequenza, senza nulla togliere al classico primo piatto. Si può addirittura rivisitare alcuni piatti della tradizione come le lasagne, preferendole di legumi (che ne alterano in maniera impercettibile il sapore).
Non solo per i più salutisti, ma anche per genitori disperati, la pasta di legumi può essere un valido alleato per introdurre nell’alimentazione dei più piccoli, cibi classicamente ostici.
Un’altra interessante forma dei legumi è in veste farina. Quella di ceci, unico ingrediente dell’intramontabile farinata ligure, è ottima da miscelare a farine integrali per la preparazione di impasti per pane e pizza. Il basso indice glicemico di tali farine consente, anche in caso di restrizioni dietetiche particolari e/o dovute a malattie come il diabete, di potersi concedere una pizza con meno preoccupazioni.
Nell’epoca dell’intolleranza al glutine, confermata o sospetta che sia, l’utilizzo di alcuni grani e pseudo-cereali come amaranto, miglio, quinoa e recentemente, solo se certificata, l’avena, abbinati a legumi o pasta di legumi consente di condurre un’alimentazione naturalmente priva di glutine, evitando di ricorrere ai preparati industriali, non proprio ottimali in termini di composizione e chilo-calorie.
A cura di Giorgia Lombardo
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