#IlSorrisodelFuturo: Doneresti la tua voce a chi non ce l’ha?
Una voce metallica legge una frase visibile su un vecchio schermo di computer a tubo catodico: “My name is Stephen Hawking” (“Mi chiamo Stephen Hawking”). Dopo qualche secondo, la moglie accanto allo scienziato più famoso degli ultimi tempi commenta: “… Sembra americano” riferendosi all’accento della voce. “È un problema?” risponde incredulo il creatore del dispositivo.
In questa scena del film “La teoria del tutto”1, che racconta la storia di Stephen Hawking, questo momento viene presentato come comico, ma in realtà racchiude un dramma che non è stato vissuto soltanto dal famoso professore britannico.
Infatti, nella vita di tutti i giorni di coloro che non hanno l’opportunità di parlare se non attraverso un dispositivo Aac (Augmentative and Alternative Communication, in italiano “Comunicazione Aumentata e Alternativa”), quella voce metallica rappresenta una parte della propria identità, quella che mostrano all’interlocutore e che permette loro di esprimersi e farsi comprendere dagli altri.
La tecnologia utilizzata da Hawking, chiamata Equilizer, in realtà ha un suono molto comune. Quella voce robotica (che l’ha caratterizzato al punto da non desiderare di cambiarla, nonostante gli avessero proposto di sostituirla con una voce più “umana”) appartiene in realtà a moltissime persone prive di voce. Le Aac attuali, infatti, dispongono di un numero molto limitato di “voci”, distribuite per un grande numero di persone affette da mutismo (più di 2 milioni soltanto negli USA)2.
Il risultato è che le persone più disparate, maschi, femmine, bambini, adolescenti, adulti e anziani di qualsiasi etnia, possiedono la stessa voce da maschio bianco adulto con l’accento americano di Stephen Hawking.
Nel suo TED Talk3, la patologa e logopedista Rupal Patel spiega di aver avuto piena consapevolezza di questo problema quando ha sentito parlare tra loro un uomo anziano e una bambina con lo stesso tipo di voce di Hawking. L’effetto esterno è disturbante e non rappresentativo dell’identità dei soggetti, facendo perdere loro credibilità e mettendo in difficoltà i loro interlocutori.
È stato dimostrato4, infatti, che le persone prive di voce o con difficoltà comunicative vengono socialmente isolate o trattate come se avessero un problema cognitivo, anche qualora il loro ragionamento funzioni perfettamente.
Ecco perché la sopracitata Rupal Patel ha fondato VocaliD, una piattaforma che crea una voce personalizzata a chi non ce l’ha5.
VocaliD si basa sulla donazione volontaria delle voci. Anziché donare una parte tangibile del tuo corpo (il sangue, un rene, o altro), potresti decidere di aiutare il prossimo donando la tua voce. Accedendo alla piattaforma è possibile registrare la propria voce leggendo delle specifiche frasi che un algoritmo andrà a scomporre per ricavarne quei suoni propri della lingua inglese (e per ora soltanto inglese6), in modo che chi sceglierà la tua voce possa utilizzare quei suoni per comporre delle frasi attraverso il proprio dispositivo Aac.
Una banca delle voci
Le persone che potrebbero essere interessate ad una voce personalizzata non sono soltanto quelle da sempre affette da mutismo, per problematiche anatomiche o cognitive, ma anche coloro che fanno fatica a parlare (spastici, balbuzienti) o chi è consapevole del fatto che perderà o cambierà la propria voce in futuro.
In quest’ultimo caso, i motivi della perdita della voce originale possono essere diversi: dall’esportazione di una parte anatomica del cavo orale fino alla drastica modifica del timbro vocalico a seguito, per esempio, di una terapia ormonale svolta per cambiare sesso.
Per loro VocaliD non è soltanto un modo per comunicare con la propria voce originale, ma anche un tentativo di conservare il ricordo della propria vecchia identità. VocaliD si prefigura, quindi, come una vera e propria banca delle voci, come esistono quelle del sangue e del seme, che possono sia essere donate al prossimo che conservate per essere utilizzate dal proprietario in futuro.
Perché avere una voce personalizzata è così importante?
La voce è una parte importante della propria identità, anche se non siamo in grado di ascoltarla pienamente se non con l’ausilio di dispositivi di registrazione esterni. Facciamo fatica a dare importanza alla nostra voce, finché per qualche motivo anche banale ne diventiamo privi.7 Solo allora comprendiamo il ruolo fondamentale che ha il possesso di una voce credibile, fluente e modulabile in base alla situazione. Senza di essa, infatti, sarebbe impossibile comunicare in modo efficace non soltanto quello che pensiamo, ma anche quello che siamo.
Basti pensare all’ironia: è una tipologia di comunicazione talmente complessa che è impossibile riprodurla con un mezzo artificiale come un robot. Eppure ogni giorno utilizziamo l’ironia per colorare i nostri discorsi, modulando la tonalità della voce per far comprende all’interlocutore che stiamo comunicando in modo ironico. Con una voce monotòna “alla Hawking” questa cosa è difficoltosa, se non impossibile. E anche cambiando il tipo di voce, per esempio da maschio a femmina, senza una flessione “umana” del linguaggio risulta impossibile poter comunicare le diverse sfumature che utilizziamo nel parlato.
Ecco perché VocaliD sta sviluppando anche un’applicazione che permetta in tempo reale di modificare le flessioni della voce registrata, per permettere alla persona muta di comunicare tutti i colori del proprio pensiero.
Non è quale sia la voce, ma come la utilizziamo che fa la differenza. Sicuramente perfezionabile, una comunicazione più varia e modulabile permette comunque di esprimere la propria personalità attraverso la comunicazione orale.
Le aziende come VocaliD mostrano che qualcosa nel regno del mutismo si stia muovendo grazie alle nuove tecnologie. E quello che possiamo fare per aiutare queste persone non è altro che regalare un po’ di quello che ci è stato donato dalla Natura: la nostra voce.
E tu, doneresti la tua voce a chi non ce l’ha?
Annalisa Viola
Per approfondire:
- “La Teoria del Tutto”, film biografico di Stephen Hawking diretto da James Marsh nel 2014.
- Jordan Kisner, 2018. “Le parole ritrovate”. The Guardian, ripreso in Italia da Internazionale, 2 marzo 2018, n. 1245, pp. 46-53.
- Puoi trovare il Ted talk di Rupal Patel qui: www.youtube.com/watch?v=d38LKbYfWrs
- Mary Wickenden, 2010. Teenage worlds, different voices. an ethnographic study of identity and the lifeworlds of disabled teenagers who use Augmentative and Alternative Communication.PhD thesis, University of Sheffield. Puoi scaricarla gratuitamente (e legalmente) qui http://etheses.whiterose.ac.uk/860/
- https://www.vocalid.co/
- Per chi volesse donare la propria voce in lingua italiana, esiste un progetto simile: Una parola per Nemo. In questo caso si deve scaricare una app (il cui ricavato andrà al centro clinico per malati di SLA “Nemo”) e donare una sola parola. Più info sul loro sito: http://www.nemo-myvoice.it/IT/index.aspx
- Annalisa Viola, 2015. 10 cose che ho imparato quando sono diventata muta per una settimana. https://psyberneticandmore.wordpress.com/2015/07/21/10-cose-quando-sono-diventata-muta/
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