#SorrisiCondivisi: Il sorriso dell’Africa raccontato da Giulia
Oggi vogliamo parlarvi di una storia; una di quelle belle, che ti fanno sorridere mentre le leggi e ti scaldano il cuore. Una storia vissuta con gli occhi aperti e la mente spalancata, una di quelle storie da raccontare ai propri nipoti. Ma partiamo dalle presentazioni. Lei è giovanissima, ma ha 27 anni di vita vissuta.
- Chi è Giulia? Come ti descriveresti?
Giulia è una ragazza che ama profondamente le persone. Tutte, o quasi. Sorride spesso o piange spesso. Non conosce molte vie di mezzo. Tende a vivere tutto al 100%. Ama i gabbiani, i pomodorini ciliegini, Jovanotti, i tatuaggi. E l’Africa, ovviamente. Giulia è anche una neo Psicologa che crede molto in quello che ha studiato e combatte ogni giorno contro un sistema che ancora non accetta certe figure. (perché poi?! Siamo tutti un po’ matti!)
- Vorremmo oggi che ci parlassi della tua esperienza: come è cominciata? Da dove hai tratto ispirazione?
La prima volta che sono partita per il Kenya, paese dell’Africa centrale, è stato quattro anni fa dopo la Laurea Triennale spinta da una scelta completamente, totalmente, visceralmente istintiva. Avevo scelto di intraprendere gli studi di Psicologia per aiutare gli altri. A 19 anni si pensa che sia solo questa la caratteristica di una professione che invece ha molte sfaccettature. Volevo aiutare e, perché no, anche partire per crescere, esplorare, mettermi alla prova. Fatemi fare tutto ma non rimanere ferma. Così ho fatto qualche ricerca in Internet e ho preso alcuni contatti tramite email e in pochissimo tempo ho prenotato il volo, contro la volontà di mamma e papà. Non ero preparata a ciò che avrei visto e vissuto ma ho amato l’Africa dal primo momento che sono atterrata: i suoi colori, i suoi forti odori, la su agente, persino il suo sporco e il buoi intenso.
- Ti sei affidata a qualche associazione in particolare? Come ti sei trovata?
Non nominerò la prima associazione con cui sono partita perché è stata una grossa delusione: oltre a non aver selezionato e preparato nessun volontario, ha approfittato della nostra passione e dei nostri soldi. Ora, fortunatamente, non segue più nessuna attività ma ho un messaggio importante da dirvi: FATE ATTENZIONE. Cercate il contatto con l’associazione, fate qualche domanda in più, conoscete i membri, informatevi sui progetti e non siate ingenui ed impulsivi come me! Rifarei tutte le scelte che ho fatto, poiché mi hanno portato a conoscere quel villaggio e tutti i volontari della prima estate, ma a distanza di anni mi rendo conto di quanto sia importante per i ragazzi in loco sapere di poter fare riferimento a qualcuno e sapere il perché l’associazione intervieni in quel villaggio; l’esperienza in sé è forte e destabilizzante, perciò bisogna saper organizzare una minima rete di supporto. Fortunatamente quel primo anno ho conosciuto Lilian, presidentessa di Africa Milele. Questa associazione era nel villaggio per portare a termine un piccolo progetto che riguardava la costruzione di un orfanotrofio. Dopo aver capito che l’altra associazione ci aveva rubato dei soldi, ho iniziato a collaborare con Africa Milele che, da subito, ha dimostrato di essere trasparente e onesta. Le successive tre esperienze le ho fatte partendo con loro ed è inutile sottolineare che è stato più positivo, costruttivo ed arricchente rispetto alla prima volta.
- Quale tesoro/bagaglio di esperienze hai riportato in Italia? Ti senti cresciuta, arricchita?
E’ difficile sintetizzare in poche righe tutto il bagaglio emotivo ed esperienziale che ho riportato in Italia in queste quattro esperienze diverse. Ogni anno ritornavo a Chakama, villaggio nell’entroterra del Kenya, pensando di aver già vissuto tutto e, invece, l’Africa trovava il modo di stupirmi sempre. Ho imparato che loro hanno una cultura diversa da noi, ma non per questo sono esseri umani diversi. Ho imparato che un abbraccio e una mano tesa vale più di qualsiasi comunicazione in inglese perfetta; ho imparato che lì la gente ti saluta se ti incrocia per strada anche se non ti ha mai vista, anche se sei bianca. Ho conosciuto i bambini e sono riduttiva quando scrivo che hanno la luce negli occhi e una curiosità che va oltre la nostra immaginazione. Ti si attaccano ovunque: alla mano, alle gambe, al braccio, alle spalle, al cuore. Ti toccano i peli, i tatuaggi, i capelli lunghi e lisci, ti sorridono. Ho visto donne del villaggio che non avevano niente da mangiare ma sempre un mango da portare in dono all’associazione perché “noi aiutiamo suo figlio a studiare”. Ho visto l’amore, l’attenzione, il legame, l’abbraccio mai negato. Ma ho visto anche le loro difficoltà: dai limiti climatici della zona a quelli strutturali delle loro case. Ho visto un villaggio fermarsi completamente “solo” perché pioveva da 24 ore. Ho visto anche bambini malati, adulti malati, persone che non possono curarsi poiché non hanno soldi. Ho visto un funerale di un africano mangiato da un ippopotamo. Ho visto persone soffrire e pregare Dio come unica alternativa. E ho visto la loro estrema difficoltà a pianificare e progettare perché “hakuna matata”, “nessun problema, si vive giorno per giorno”, ma i problemi poi chi li risolve?
- A posteriori, e sicuramente con qualche viaggio ancora in programma, consiglieresti l’esperienza ai tuoi coetanei?
Consiglierei assolutamente questa esperienza ai miei coetanei! Ma a prescindere dall’età (in questi anni ho conosciuto volontari di ogni annata) consiglio l’esperienza soprattutto a chi ha spirito di adattamento, di scoperta e ha un cuore aperto alle diverse culture.
- Se ho ben capito, sei diventata un membro attivo di Africa Milele: quali sono le vostre sfide per il futuro?
Attualmente, insieme a Marika e Jessica, sto gestendo la selezione dei nuovi volontari. Non è sicuramente un passaggio facile poiché attraverso un questionario e diversi colloqui dobbiamo capire se la persona è adatta ad affrontare un contesto che è molto diverso dalla realtà europea. Alla fine di ogni esperienza chiediamo al volontario di inviarci un feedback di come ha vissuto Chakama: questo ci aiuta ad avere sempre spunti per migliorarci e, nel limite del possibile, consideriamo sempre tutto. L’associazione è partita da un paesino nelle Marche e ora ci contattano da ogni regione; questo ci fa capire che stiamo andando nella direzione giusta! Abbiamo ipotizzato di organizzare un corso di formazione ma la politica dell’associazione è quella di non vincolare il volontario nella scelta del mese e del periodo in cui partire poiché in loco i progetti sono sempre presenti e una mano è sempre gradita; per questo motivo ci risulta difficile organizzare un corso formativo ma cerchiamo di compensare mantenendo un confronto costante e aperto con i nuovi volontari sia nella fase precedente alla partenza che in loco (dove è sempre presente un referente dell’associazione).
Per quanto riguarda le sfide, posso dire che le viviamo quotidianamente anche per l’organizzazione dei passaggi più semplici (non è facile gestire tutto da Italia a Kenya); ma abbiamo un’ottima presidentessa, una buonissima rete di comunicazione e tanta passione.
- Che messaggio vuoi lanciare a chi ti sta leggendo in questo momento?
Apritevi alle nuove esperienze e al Volontariato, che sia in Africa, India o dietro casa vostra, perché non riceverete mai regalo più grande del bagaglio emotivo e personale che coltiverete in queste situazioni.
“L’Africa è il continente più ricco del pianeta” diceva Jovanotti.
Io ve lo posso confermare.
Giulia
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