LibriAMO: Umberto Eco – Il nome della rosa.
Sì, c’è una lussuria del dolore, come c’è una lussuria dell’adorazione e persino una lussuria dell’umiltà. Se bastò così poco agli angeli ribelli per mutare il loro ardore d’adorazione e umiltà in ardore di superbia e di rivolta, cosa dire di un essere umano? E fu per questo che rinunciai a quella attività [di inquisitore]. Mi mancò il coraggio di inquisire sulle debolezze dei malvagi, perché scoprii che sono le stesse debolezze dei santi.
E’ uno dei primi libri “impegnati” che io abbia mai letto; ricordo ancora come le frasi in latino avessero su di me uno strano effetto. Da un lato mi impaurivano, soprattutto sapendo che un anno dopo sarei approdata al ginnasio. D’altra parte mi incuriosivano, perchè sentivo che in quella lingua morta era nascosta una poesia che, a mio avviso, abbiamo perso con l’andare dei secoli. Il libro, d’altro canto, mi fece lo stesso effetto. Non lo capii subito, ma la voglia di rileggerlo non mi è mai passata.
Come un thriller in cui conosci già l’assassino ma riguardi continuamente, Umberto Eco riesce a sorprendermi, a stregarmi ad ogni lettura, ora come tanti anni fa (nemmeno io sono tanto giovine). Le mura del Monastero le saprei disegnare a memoria, ricordo i nomi dei confratelli, i loro peccatucci e i loro occhi che brillano per desiderio di una consocenza proibita. Sono tutti diavoli, ed ogni diavolo è santo a modo proprio.
Sono solo gli uomini piccoli che sembrano normali. Ubertino avrebbe potuto diventare uno degli eretici che ha contribuito a fare bruciare, o un cardinale di santa romana chiesa. È andato vicinissimo a entrambe le perversioni. Quando parlo con Ubertino ho l’impressione che l’inferno sia il paradiso guardato dall’altra parte.
Io, come sempre, ve lo consiglio di cuore.